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Lapidi della Divina Commedia a Siena
Primo tipo di stemma degli ascendenti degli Alighieri fino a Dante
Tipo itinerario
Stato
Regione
Città

Lapidi della Divina Commedia a Siena è un itinerario che si sviluppa attraverso la città di Siena.

Introduzione[modifica]

Nella città di Siena sono presenti 8 lapidi di marmo, con citazioni tratte dalla Divina Commedia di Dante Alighieri, collocate sulle facciate di edifici storici realmente collegati alle parole del sommo poeta.

Cenni storici[modifica]

In occasione dei 600 anni dalla sua morte nel 1921, in seguito alla creazione del Comitato ufficiale senese per la commemorazione del sesto centenario della morte di Dante, vennero apposte le lapidi commemorative per volere dell’allora sindaco Angiolo Rosini.


Come arrivare[modifica]

Per approfondire, vedi: Come arrivare a Siena.

Tappe[modifica]

Mappa a tutto schermo Lapidi della Divina Commedia a Siena

Inferno[modifica]

Inferno XXIX, vv. 130-132
  • Inferno XXIX, vv. 130-132, Via Garibaldi (Sulla facciata della "Casa della Consuma"). Trascrizione:
    "E TRA NE LA BRIGATA IN CHE DISPERSE
    CACCIA D’ASCIAN LA VIGNA E LA GRAN FONDA
    E L’ABBAGLIATO SVO SENNO PROFERSE"
    Dante si riferisce alla Brigata Spendereccia, un gruppo di giovani scialacquatori provenienti dalle maggiori famiglie nobiliari senesi che si riunirono in questo palazzo intorno al 1270 con l’unico scopo di sperperare tutti i loro denari.
    Secondo Benvenuto da Imola la brigata spese in due anni 216.000 fiorini, una somma che se attualizzata è possibile quantificare a circa 12/15 milioni di euro.
    Fanno parte della brigata: Niccolò dei Salimbeni, Niccolò dei Bonsignori, Bartolomeo dei Folcacchieri, Caccianemico d'Asciano e Lano da Siena.
Inferno XXX, vv. 76-78
  • Inferno XXX, vv. 76-78, Vicolo del Tiratoio (Sulla facciata destra di Fontebranda). Trascrizione:
    "MA S IO VEDESSI QVI L ANIMA TRISTA
    DI GVIDO O D ALESSANDRO, O DI LOR FRATE
    PER FONTE BRANDA NON DAREI LA VISTA."
    La parafrasi della targa è: Ma se io vedessi qui l’anima malvagia di Guido, di Alessandro o di loro fratello (Aghinolfo), in cambio rinuncerei a bere dalla Fontebranda. Dante si riferisce ai conti Guidi di Romena, Guido II e Alessandro, che indussero Mastro Adamo da Brescia a falsificare per loro il fiorino d'oro. Entrambi vennero condannati al rogo salvo poi essere perdonati.
    Mastro Adamo, nella bolgia dei falsari, spera a tal punto di vedere i conti Guidi tra i falsificatori di moneta e di parola, da rinunciare in cambio a bere l’acqua di Fontebranda anche se assetato.
    Guido Guidi II di Romena fu podestà di Siena nel 1283.

Purgatorio[modifica]

Purgatorio V, vv. 133-134
  • 43.32013411.3311281 Purgatorio V, vv. 133-134, Vicolo della Torre (Sulla facciata destra di Palazzo Tolomei). Trascrizione:
    "RICORDITI DI ME CHE SON LA PIA:
    SIENA MI FE’; DISFECEMI MAREMMA:"
    Il sommo poeta si riferisce a Pia de’ Tolomei, nobildonna senese del ‘200 sposata con Nello d’Inghiramo dei Pannocchieschi. Dante incontra Pia nell’Antipurgatorio tra gli spiriti negligenti morti di morte violenta che si pentirono soltanto in punto di morte.
    Di lei si conosce ben poco, secondo la tradizione venne lasciata morire in Maremma nel Castel di Pietra dal marito, che desiderava nuove nozze per l’infedeltà, mai provata, di Pia.
    La nobildonna supplica Dante di ricordarsi di lei una volta tornato nel mondo dei vivi, affinché le sue preghiere possano alleviare ed abbreviare le sue pene.
Purgatorio XI, vv. 121-123
  • Purgatorio XI, vv. 121-123. Trascrizione:
    "QVELLI È,, RISPOSE, PROVENZAN SALVANI:
    ED È QVI PERCHÉ FV PRESVNTVOSO
    A RECAR SIENA TVTTA ALLE SVE MANI"
    Situata in Via del Moro. Si riferisce a Provenzan Salvani, capo della fazione ghibellina senese e condottiero durante la vittoriosa battaglia di Montaperti del 1260 contro la guelfa Firenze. Fu podestà di Montepulciano ed assunse così tanto potere da proclamarsi "dominus" (i.e. signore) di Siena.
Purgatorio XI, vv. 134-135
  • Purgatorio XI, vv. 134-135, Piazza del Campo (All’altezza dell’imbocco con Casato di Sotto). Trascrizione:
    "LIBERAMENTE NEL CAMPO DI SIENA,,OGNI VERGOGNA DEPOSTA, S’AFFISSE;"
    Si riferisce anch’essa a Provenzan Salvani. Il maestro miniaturista Oderisi da Gubbio racconta a Dante che per liberare l’amico Bartolomeo Seracini, catturato durante la battaglia di Tagliacozzo del 1268 da Carlo d’Angiò, si umiliò pubblicamente in Piazza del Campo domandando aiuto per riuscire a pagare la taglia di 10.000 fiorini d’oro.
    Nonostante Salvani si fosse pentito solo in fin di vita, l’umiliazione di dover elemosinare l’aiuto altrui per riscattare il suo amico gli permise di evitare l'attesa nell'Antipurgatorio, collocandosi tra i superbi.
Purgatorio XIII, vv. 109-111
  • Purgatorio XIII, vv. 109-111 (All’imbocco di Via Vallerozzi). Trascrizione:
    "SAVIA NON FVI AVVEGNA CHE SAPÌA
    FOSSI CHIAMATA, E FVI DE LI ALTRVI DANNI
    PIV’ LIETA ASSAI CHE DI VENTVRA MIA."
    La parafrasi della targa è: Non fui saggia, benché fossi chiamata Sapìa, e fui molto più lieta delle sventure altrui che della mia fortuna. Il personaggio in questione è Sapìa Salvani, nobildonna senese di parte guelfa, zia di Provenzan Salvani fu talmente invidiosa dei suoi concittadini ghibellini da desiderare la sconfitta di Siena rallegrandosi per il massacro della battaglia di Colle di Val d'Elsa del 1269, in cui morì suo nipote.
Purgatorio XIII, vv. 127-129
  • Purgatorio XIII, vv. 127-129, Vicolo Beato Pier Pettinaio. Trascrizione:
    ". . . . . . . . . CHE A MEMORIA M’ EBBE
    PIER PETTINAIO IN SVE SANTE ORAZIONI,
    A CVI DI ME PER CARITATE INCREBBE."
    Il vicolo prende il nome del sant’uomo senese, morto nel 1289 e divenuto poi beato nel 1802, che con le sue preghiere accorciò l’attesa di Sapìa Salvani nell’Antipurgatorio.
    Per questo motivo, Dante incontra la nobildonna tra gli spiriti invidiosi nella seconda cornice del purgatorio, nonostante si fosse pentita solamente in fin di vita.
Purgatorio XIII, vv. 152-153
  • Purgatorio XIII, vv. 152-153, Via della Diana. Trascrizione:
    ". . . . . . . . . E PERDERAGLI
    PIV‘ DI SPERANZA CHE A TROVAR LA DIANA"
    Dante si riferisce malevolmente ai Senesi per bocca di Sapìa Salvani, accomunando le vane ricerche per trovare l’immaginario fiume sotterraneo Diana che tra il ‘200 ed il ‘400 impegnarono Siena, all’acquisto nel 1303 da parte della Repubblica di Siena del porto di Talamone, attaccato più volte dai pirati e colpito dalla malaria.

Sicurezza[modifica]

Nei dintorni[modifica]

Articoli correlati[modifica]

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