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Utente:Yiyi/Un salto... nelle ere geologiche

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Un salto... nelle ere geologiche

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Qualunque passeggiata intraprendiamo sulle Prealpi della nostra zona appoggiamo i piedi su un terreno roccioso che nasconde sotto il suo strato superficiale segreti che risalgono alle ere più antiche in cui si è formata la terra.

Se vuoi sapere qualcosa di più sull’affascinante storia di queste montagne vieni al Museo delle Grigne di Esino.

Il museo delle Grigne

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Intorno al 1930 nelle zone delle Grigne ci furono i primi ritrovamenti di tombe galliche e romane. Gli oggetti rinvenuti e le collezioni di vegetali e fossili trovarono modo di essere esposti nel primo museo locale della provincia di Como, il Museo delle Grigne di Esino. Durante la guerra, il museo venne depredato e quindi chiuso e solo nella seconda metà degli anni Quaranta, grazie anche a generose donazioni private – quale quella di fossili e minerali dell’Ing. Pietro Pensa, il Museo venne riaperto nei locali presso il Municipio. Si tratta di un Ecomuseo, ovvero la sua finalità è quella di valorizzare il rapporto tra l'uomo e il territorio montano del gruppo delle Grigne, a cui il piccolo Museo è dedicato. Nelle sale espositive trovano infatti risalto gli aspetti naturalistici del territorio, in particolare quelli mineralogici e paleontologici. Inoltre vi è una sezione dedicata alla cultura materiale con esposizione di oggetti legati alla vita contadina di Esino. Nel 2016 il museo è stato riaperto in una nuova sede, situata alle spalle di Villa Clotilde, con un percorso espositivo rinnovato e arricchito.

Frammenti di geologia

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La Grigna, circondata dal Lago di Como e dalla Valsassina, riveste un notevole interesse dal punto di vista geologico. Il suo materiale roccioso si è costituito, nel corso dell’Era Mesozoica, in un ambiente sedimentario marino idoneo alla fossilizzazione. La sua dislocazione durante l’orogenesi Alpina ha condotto all’attuale posizione stratigrafica, esposta all’alterazione chimica e al modellamento superficiale ad opera degli agenti atmosferici e della gravità. Molti scienziati tra i quali Leonardo da Vinci e il geologo e paleontologo lecchese Antonio Stoppani (1824-1891) soggiornarono a lungo nel nostro territorio per ammirarne e studiarne la natura e la storia.

Quale tipo di roccia costituisce il gruppo delle Grigne e qual è la sua origine?

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Le Grigne sono costituite da rocce carbonatiche, formate da carbonato di calcio, CaCO3. L’origine è biologica, operata da organismi come i coralli e i molluschi le cui colonie popolavano le acque marine prospicienti le coste dell’antico continente Gondwana. La formazione rocciosa risale alla prima parte dell’Era Mesozoica, circa 235 milioni di anni fa, quando ai bordi del grande mare di Tetide si eressero estese piattaforme carbonatiche contenenti numerosi fossili guida per quei lontani periodi geologici.

Per quali ragioni rocce di origine marina oggi costituiscono parte di imponenti rilievi montuosi?

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La crosta terrestre è interessata da lenti movimenti tettonici causati dal costante moto di materiale più profondo con il quale interagisce. In particolari contesti dinamici, i blocchi crostali possono convergere e originare corrugamenti orogenetici. L’orogenesi alpina rappresenta uno di questi processi; la sua fase più intensa si è sviluppata intorno a 40 milioni di anni fa e ha determinato il sollevamento delle antiche piattaforme carbonatiche marine e la conseguente loro dislocazione nelle attuali posizioni.

Quali fenomeni modellano le montagne?

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Tutte le superfici dei rilievi subiscono l’azione degli agenti atmosferici e i versanti delle montagne sono soggetti all’azione della gravità. I corsi d’acqua sono importanti agenti di modellamento per erosione, trasporto e sedimentazione. Ancor più dell’acqua liquida può agire il ghiaccio, nella forma di accumulo e flusso di ghiacciai, e risultare un formidabile agente morfogenetico. Tutte le vallate alpine e le pianure adiacenti sono state interessate dalle molteplici fasi glaciali dell’era quaternaria. Anche nel territorio delle Grigne si osservano numerose strutture morfologiche che testimoniano sia l’azione erosiva dei ghiacciai sia la loro capacità di originare forme di accumulo e sedimentazione. Si deve segnalare, inoltre, un ulteriore elemento che caratterizza la morfogenesi superficiale e ipogea del gruppo delle Grigne. Le rocce di composizione calcarea, infatti, subiscono una lenta dissoluzione chimica operata dalle acque meteoriche leggermente acidulate in anidride carbonica. Il fenomeno è conosciuto con il termine di Carsismo; l’alterazione chimica causa la formazione di tipiche strutture superficiali ma soprattutto origina un esteso sistema di cavità e di grotte di grande interesse dal punto di vista speleologico e scientifico.

Cosa sono e come si sono formati i fossili?

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I fossili sono i resti e le tracce riconoscibili di esseri viventi del passato. Nella maggior parte dei casi queste tracce sono presenti in rocce sedimentarie. I processi sedimentari di ambiente marino e litoraneo sono quelli più favorevoli alla fossilizzazione e alla conservazione delle tracce fossili. Il lento accumulo di sedimenti fini ai quali si aggiungono resti di organismi viventi preservati dalla distruzione dopo la loro morte, più facilmente le parti consistenti come le ossa o i gusci, può risultare determinante per la formazione dei fossili. Lo studio dei fossili ha fornito un contributo fondamentale nella ricostruzione della storia della vita sulla Terra e, associato ai principi geologici della stratigrafia, ha consentito di riconoscere le trasformazioni dell’assetto della superficie terrestre nel corso delle ere geologiche. Le rocce delle Grigne sono discretamente fossilifere. I fossili osservabili sono per lo più molluschi gasteropodi o bivalvi. Alcuni di essi, come ad esempio le Ammoniti, sono importanti fossili guida per le rocce del Mesozoico e consentono fondamentali correlazioni stratigrafiche tra affioramenti di regioni diverse. Nel calcare nero di Varenna e Perledo si trovano anche alcuni pesci e un rettile del genere Lauriosaurus.


La presenza dell'uomo nell'area delle Grigne

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Quali sono le testimonianze più antiche?

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In un territorio le sepolture sono la testimonianza più diffusa che documenti la presenza dell’uomo nelle età protostoriche e storiche più antiche. Ciò è vero anche per il territorio di Esino. Al museo infatti, sono conservati alcuni frammenti e oggetti provenienti da corredi funebri dell’età del bronzo, databili tra il XII e il X secolo a.C., cioè a più di 3000 anni fa.

Quali oggetti si trovano in un corredo funebre dell’età del bronzo?

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Solitamente i ritrovamenti delle sepolture più antiche ci restituiscono un corredo funebre piuttosto semplice: fibule utilizzate per tenere unite le parti dell'abbigliamento, armille ovvero bracciali indossati da uomini e donne. Raramente utensili in metallo perché quelli erano strumenti indispensabili per la sopravvivenza e dunque preziosi, da tramandare, non da seppellire per sempre. Il rito funerario prevalente era quello a incinerazione, che consisteva nel bruciare il defunto e deporre le sue ceneri dentro un'urna che veniva poi sepolta, spesso all’interno di un tumulo. Anche ad Esino ci sono dunque resti di olle funerarie e anche una patera di ceramica che serviva per le libagioni funebri.

Cosa è la civiltà di La Tènè?

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Osservando le vetrinette del Museo delle Grigne se ne incontra una che contiene i reperti scoperti negli anni '50 del secolo scorso, proprio ad Esino Lario in viale Montefiori. Si tratta del corredo funerario di tre tombe a cremazione; esso è costituito da varie armi, ciotole di uso comune e vasi a trottola. La caratteristica di questi ritrovamenti permette di ricondurli alla civiltà di La Tène (stazione archeologica sul lago di Neuchâtel in Svizzera). Con questo termine gli archeologi si riferiscono alle testimonianze dell’età del Ferro preromana – collocabili tra il VI e il V secolo a.C. – diffuse dal bacino del Danubio fino alla Francia e che hanno quali aree periferiche proprio i Balcani e l’Italia settentrionale. Si tratta probabilmente della forma più antica di insediamenti attribuiti a genti celtiche.

Come si riconosce un corredo funerario romano?

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I corredi funerari romani presenti a Esino sono costituiti da oggetti diversificati rispetto alle sepolture protostoriche. Ad esempio sono presenti alcune monete del IV sec. a.C., degli spiedi in ferro, due dadi in bronzo, un'armilla con l’estremità a testa di serpe, un vasetto in pietra ollare (rocce utilizzate fin dall' antichità per produrre vasellame) e frammenti di un'olpe. Tali corredi appartenevano a due tombe rinvenute nel 1936 presso Esino inferiore.

Perché nei corredi funebri le armi sono deformate?

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Sempre nel territorio esinese sono state ritrovate sepolture galliche con il loro tipico corredo costituito da spada lunga, lancia e scudo. La spada è contenuta in un fodero decorato; lo scudo è formato da un asse di legno ricoperto di pelle o tela e rinforzato da un umbone di ferro. Delle lance rimane solo la cuspide realizzata in bronzo o in ferro. All'interno delle tombe spesso le armi vengono trovate rotte, piegate e deformate poiché era consuetudine spezzarle per renderle inutilizzabili alla morte del loro proprietario.

Ma erano tutti guerrieri gli abitanti di Esino?

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Il ritrovamento di cesoie permette di riconoscere le sepolture di commercianti di lana. Sempre legati ai culti funerari sono i vasi che dovevano contenere il vino per le libagioni. Questi recipienti in ceramica sono detti a trottola in quanto si stringono salendo verso la bocca, la loro forma permette infatti di far entrare la giusta quantità di ossigeno per conservare in condizioni ottimali la bevanda.


La posizione strategica di Esino

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Come erano le vie di comunicazione in un territorio montuoso? In epoca preistorica, anche nel territorio delle Grigne, più che di vie di comunicazione si può parlare di sentieri legati allo spostamento di mandrie e ai percorsi di caccia. Solo a partire dall' epoca romana e medievale si ha una più precisa definizione di percorsi lungo i quali si trovavano luoghi di sosta e cambio dei cavalli e iniziano ad essere utilizzate mappe schematiche (dette itineraria) con le indicazioni di distanze stradali. In territorio lecchese è tuttora riconoscibile il cosiddetto "Sentiero del Viandante", termine con il quale si indica non tanto una strada, ma una rete di sentieri che metteva in comunicazione i diversi paesi situati sulle montagne e anche le varie cittadine lungo il lago. Accanto a questa rete di mulattiere dobbiamo immaginare esistessero vie strategicamente rilevanti in quanto provenienti da zone minerarie quali appunto la zona valsassinese; i metalli infatti a quell’epoca erano una materia prima indispensabile.

Si poteva viaggiare sicuri?

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Lungo gli itinerari stradali esistevano strutture fortificate che avevano una duplice funzione: controllare il territorio in particolare i vari limina (cioè gli antichi confini territoriali) in modo che ciascuno sfruttasse le risorse proprie senza sconfinamenti; allertare altri avamposti del sopraggiungere di un pericolo creando una rete di comunicazione con il fuoco di notte e con il fumo di giorno. Esino si trovava lungo uno di questi itinerari, anzi costituiva il punto più elevato della cosiddetta strada della Riviera. Ecco perché si riconosce ancora oggi un’antica torre difensiva situata nella parte più elevata del territorio.