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Utente:Paola Liliana Buttiglione/Sandbox

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Canosa cristiana: la città del vescovo Sabino

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La principale città della Puglia in età tardoantica era Canosa, al vertice della gerarchia urbana della provincia Apulia et Calabria e dunque città del governatore e città del vescovo. La storia dei suoi monumenti paleocristiani è legata ad un vescovo in particolare, Sabino, il cui vescovato si colloca tra il 514 ed il 566. Probabilmente i Cristiani hanno dato vita solo a partire dal II secolo a una comunità organizzata, elevata a diocesi all'inizio del secolo successivo. La leggenda della consacrazione nel 44 del primo vescovo Felice ad opera nientemeno che di Pietro va inserita fra i tentativi medievali di nobilitare una diocesi, retrodatandone le origini fino ad una fondazione apostolica. Il primo vescovo di Canosa attendibilmente attestato risale solo al IV secolo: Stercorio. Alla stessa epoca si colloca la prima utilizzazione della catacomba di Santa Sofia in località Lamapopoli, sorta in un’area a Nord-Ovest dell’abitato, già occupata da una necropoli pagana. L’epoca del vescovo Sabino fu caratterizzata da una profonda crisi politico-istituzionale e dalla guerra greco-gotica (535-553). Tuttavia la diocesi canosina, che fondava la sua ricchezza su ampi possedimenti terrieri estesi fino alla Sicilia, raggiunse il massimo prestigio proprio allora grazie a Sabino.

Sabino mise in atto un ampio disegno urbanistico: una sorta di cinta difensiva sacra intorno alla città con la realizzazione a Sud del complesso di San Pietro, la sistemazione a Nord del battistero di San Giovanni affiancato alla chiesa di Santa Maria e, infine, la risistemazione nel suburbio a Sud-Est del complesso martoriarle dei Santi Cosma e Damiano, oggi nota come basilica di San Leucio. Lo spazio urbano viene così ridefinito e connotato in senso cristiano, mediante la realizzazione di nuovi poli di attrazione, diversi e alternativi a quelli tradizionali del foro (area dell’attuale Cattedrale) e dell’area sacra di Giove Toro (attualmente vico Toro, traversa via Imbriani). Nella costruzione di numerosi edifici Sabino curò anche la produzione diretta di materiali edili, tra cui mattoni recanti il suo monogramma, oltre a quelli con altri tipi di decorazione (ruota raggiata, margherita a sei petali, ecc.), secondo una prassi riservata all’imperatore e alle altissime sfere politico-militari. Questi mattoni sono presenti in tutti i monumenti da lui promossi quasi come firma: essi dimostrano che verosimilmente esisteva a Canosa una fabbrica di laterizi di proprietà della chiesa che riforniva i numerosi cantieri attivi nella città tra il V ed il VI secolo e che non si limitava al materiale da costruzione, ma si estendeva molto probabilmente alle ceramiche, alle lucerne, forse ai vetri per uso quotidiano e liturgico. Con la morte di Sabino, ebbe inizio un periodo di decadenza della diocesi canosina. Dagli inizi del VII secolo l’occupazione longobarda mise definitivamente in crisi le strutture organizzative e religiose delle città del Nord della Puglia: solo a partire dal secolo successivo i principi longobardi, ormai convertiti al cattolicesimo, si interessarono a Canosa, come emerge dalla rivisitazione di alcuni monumenti e da interventi su edifici preesistenti, molto spesso individuabili grazie all’utilizzo della muratura listata (file di tufelli alternate a file di laterizi). La città recupera in parte l’antico splendore, tanto che Paolo Diacono la definisce urbs satis opulenta. A san Sabino i Normanni vollero dedicare la cattedrale medioevale nel 1101, alla presenza di papa Pasquale II (le precedente dedicazione era ai santi Giovanni e Paolo): questa fu la risposta polemica al potere crescente di Bari, che pretendeva di custodirne le reliquie nella cripta della Cattedrale. Alla fine dell’età sveva, la diocesi di Canosa entrò nell'ombra, pur rimanendo sempre viva con Bari la polemica sul possesso delle reliquie di san Sabino. Canosa vanta di custodire reliquie importanti come il cranio e un braccio e festeggia Sabino come patrono due volte all'anno: durante la festa liturgica del 9 Febbraio e in ricordo della traslazione delle ossa il 1 Agosto.

Piano di San Giovanni

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  • 41.22611116.0661671 Piano di San Giovanni, Via Piano San Giovanni, +39 333 8856300, . Le visite guidate organizzate dalla Fondazione Archeologica Canosina Onlus sono destinate a gruppi composti da un numero minimo di 20 ad un numero massimo di 25 partecipanti (costo a persone € 3,00/4,00). lunedì-domenica: 9.00-13.00 / 15.00-19.00 solo su prenotazione contattando la Fondazione Archeologica Canosina Onlus.
Piano di San Giovanni
Fino a qualche anno fa si riteneva che la prima cattedrale di Canosa fosse da localizzarsi in area extraurbana, sul colle di San Pietro. La sede episcopale sarebbe stata poi trasferita in un’area più centrale, nella zona dove già esisteva la chiesa di Santa Maria e dove Sabino aveva costruito il battistero di San Giovanni. L’attuale cattedrale, dedicata a san Sabino, sarà poi edificata nell’area pubblica del foro.

Il riesame della documentazione archeologica porta ora a identificare San Pietro non con la chiesa episcopale ma piuttosto con un grande complesso cimiteriale, nel quale Sabino volle realizzare la propria sepoltura, divenuta poi oggetto di culto e di pellegrinaggio. Dunque la prima cattedrale di Canosa è stata la chiesa di Santa Maria, ubicata, come quasi sempre accadeva per i complessi episcopali in età paleocristiana, in un’area periferica all’interno del circuito murario. Essa è stata individuata nell’autunno del 2006 sul Piano di San Giovanni. La ridotta porzione indagata è relativa a parte del nartece, della navata centrale e meridionale di una chiesa a tre navate, realizzata tra il IV ed il V secolo. Sabino si impegnò in una opera di ristrutturazione e abbellimento, con la stesura di un nuovo pavimento musivo e la creazione di un collegamento tra l’edificio sacro e l’atrio porticato antistante il battistero.

Il battistero di San Giovanni è un edificio a pianta dodecagonale con quattro camere sugli assi principali, che costituiscono i bracci di una croce greca, e quattro corridoi ad essa alternati, che affacciano tutti sul vano centrale rispettivamente con una e due porte. Al centro dell’edificio i resti di una vasca battesimale eptagonale. L’area della vasca era coperta da una cupola. Il battistero di San Giovanni era un edificio di grande pregio, non solo per le notevoli dimensioni e l’articolazione degli spazi ma anche perché dotato di un vasto apparato decorativo, di cui sono state ritrovate poche ma significative tracce: nella vasca tessere vitree ricoperte da una lamina d’oro e lacerti del mosaico pavimentale, decorati da stelle a quattro punte, i cui bracci sono resi da losanghe, alternati a rettangoli. Il battistero di Canosa si inserisce nella tradizione romana degli edifici a pianta centrale, ripetendo lo schema del battistero di San Giovanni al Laterano, anch’esso preceduto da un nartece a forcipe, sebbene l’esempio romano sia più antico ed a pianta ottagonale. Inoltre la presenza dell’ambulacro interno lo fa rientrare in quella serie di edifici con deambulatorio interno, come quelli coevi di Marsiglia, Aix en Provence, Riez, Nevers, in Italia di Nocera Superiore (VI secolo), e come gli esempi più tardi di Santa Severina a Catanzaro e Torcello. I battisteri con deambulatorio interno si diffondono a partire dal IV secolo con il declino del rito battesimale mediante triplice immersione. Il rito battesimale mediante aspersione, ancora oggi utilizzato, prese il sopravvento a seguito dell’editto di Tessalonica (380) che rese il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero: da allora diminuì il numero degli adulti che richiedevano il sacramento e conseguentemente degli ambienti connessi al cerimoniale. Per la processione dei catecumeni era sufficiente il deambulatorio anulare attorno alla vasca, che permetteva una regolare circolazione senza creare intralci tra i fedeli. Resta comunque incerta la funzione degli ambienti per il battistero di Canosa. Se il nartece e le due cappelle sugli assi principali potevano essere destinati all'ingresso ed all'altare, più difficile risulta stabilire se gli altri vani fossero adibiti a catecumeno, a spogliatoio, a consignatorum o fossero luoghi di sosta.

Nel corso del VII secolo si verificò il crollo dei portici nell'atrio dinanzi al battistero di San Giovanni: sulle murature in rovina, nello spazio scoperto, fu installata una chiesa a tre navate scandite da pilastri quadrati. Dinanzi all'abside fu realizzata una fossa d’altare per reliquie, esternamente quadrangolare ed internamente cruciforme, quasi una piccola cripta, destinata a raccogliere sui lati più reliquiari, con uno spazio centrale praticabile. Probabilmente questa chiesa può essere identificata con quella del Salvatore, erroneamente attribuita a Sabino in età medioevale; ma essa fu più probabilmente realizzata dai nuovi dominatori longobardi, che promossero una fase di rinnovamento edilizio in cui rientrano la ristrutturazione della basilica di San Leucio e la realizzazione della nuova cattedrale nell'area in cui sorge ancora attualmente. Almeno per un certo periodo questa chiesa ha convissuto con quella di Santa Maria, venendo così a costituire uno di quei complessi noti come cattedrali doppie o ecclesiae geminatae.

Nello stesso periodo la chiesa di Santa Maria iniziò ad accogliere sepolture: questo è l’avvio di una fase involutiva, culminata di lì a poco nel trasferimento della sede episcopale nel luogo dell’attuale cattedrale. In seguito la basilica del Salvatore, a causa di un parziale crollo, subisce un sensibile ridimensionamento. Infine l’area della chiesa di Santa Maria, dopo un crollo dei suoi elevati, fu occupata, probabilmente tra l’XI e XII secolo, da alcune abitazioni.

Non è da escludere che il battistero abbia continuato ad esercitare ancora in età altomedievale un ruolo rilevante quale punto di riferimento e polo di attrazione per la comunità, nonostante l’abbandono del complesso episcopale di Santa Maria. L’edificio battesimale, infatti, non perse una pur ridimensionata funzione liturgica almeno fino all’età bassomedievale: alla visita del monsignor Baronio del 1598 l’edificio appariva in rovina ma ancora dotato di colonne e di altari. Verso la fine dell’Ottocento la struttura fu adattata ad impianto molitorio. Lo spazio interno fu profondamente modificato per la realizzazione di quattro pilastri quadrati centrali sui quali si impostano volte a vela che restituiscono oggi uno spazio organizzato in maniera ben differente dall’ideazione primaria.

Basilica di San Leucio ed Antiquarium

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  • 41.21133716.0704022 Basilica di San Leucio, Strada Vicinale Santa Lucia, +39 333 8856300, . gratis. lunedì-domenica: 9.00-13.00 / 15.00-19.00. Le visite guidate su prenotazione organizzate dalla Fondazione Archeologica Canosina Onlus sono destinate a gruppi composti da un numero minimo di 20 ad un numero massino di 25 partecipanti (costo a persone € 3,00/4,00)
Basilica di San Leucio
La basilica di San Leucio sorge sull’antico tempio di Minerva. Il preesistente edifico pagano fu sottoposto a una sistematica opera di riuso dei materiali edilizi, nel periodo in cui la trasformazione e lo spoglio degli edifici pagani in rovina fu “istituzionalizzato” dall'imperatore Teodosio I (379-395). La chiesa, intitolata ai Santi Cosma e Damiano e dopo ridedicata a San Leucio, si impiantò sulle fondazioni del tempio.

La pianta della basilica consiste in un doppio tetraconco: un grande quadrato esterno realizzato con muratura continua e dotato di quattro absidi al centro di ciascun lato, al cui interno è inserito un secondo quadrato concentrico, costituito da pilastri e con le quattro absidi delineate da un giro di quattro colonne. I due quadrati vengono a delimitare un ambulacro a quattro bracci, comunicante attraverso i passaggi tra i pilastri con lo spazio centrale, coperto da una volta a quattro vele. Nel VI secolo la basilica fu restaurata dal vescovo Sabino. Vennero inseriti quattro pilastri per sorreggere una volta a cupola e vennero stesi nuovi mosaici con motivi geometrici, vegetali e figurati. Nell’VIII secolo, nel corso della fase di rinnovamento edilizio promosso dai nuovi dominatori longobardi, la chiesa fu ridedicata a San Leucio, il culto del quale si era diffuso in questa zona dopo la traslazione delle sue ossa da Brindisi a Trani. I mosaici di San Leucio sono da collocare nel VI secolo. Accedendo alla basilica tramite la gradinata aperta al centro dell’abside esterna, si trova un mosaico a pelte sovrapposte in tessere nere; il tratto antistante dell’ambulacro presenta un motivo a cerchi incatenati che generano figure triangolari nere che compongono fiori a quattro petali. L’abside interna corrispondente è pavimentata a girali con tessere nere, gialle e rosse. Il resto del pavimento è decorato da due ampi mosaici con motivo a stuoia. Proseguendo a destra dell’ingresso, il braccio Nord dell’ambulacro è pavimentato a ciottoli: probabilmente qui ci si limitò a risarcire la pavimentazione del precedente tempio ellenistico. Proseguendo a sinistra dell’ingresso, il braccio Sud dell’ambulacro presenta al centro, tra le absidi, un tappeto con meandro a chiave in cui si inseriscono rombi. Si conserva anche parte di un tappeto decorato con grandi fiori a quattro petali, che formano quadrati dai lati curvilinei, e il mosaico dell’abside esterna, con motivo a treccia. L’abside dinanzi all’ingresso accoglieva un grande altare coperto da un ciborio e circondato su tutti i lati da mosaici sopraelevati rispetto al pavimento della basilica. Dietro l’altare, i tappeti musivi sono costituiti da piccoli rombi, ai lati invece da pelte affrontate, alternativamente verticali e orizzontali. Lo spazio antistante è decorato con tondi accostati di dimensioni diverse e con vari motivi decorativi: nodi di Salomone, girandole, fiori a stella, corone. L’abside è decorato da un noto motivo di tematica paradisiaca: due pavoni affrontati ai lati di un fiore posto su un grande cesto di acanto da cui si originano rami giraliformi carichi di fiori e frutta e popolati da uccelli, incorniciati da un motivo a treccia.

Nell’Antiquarium la storia di questo monumento viene rivissuta attraverso un percorso di visita articolato per sezioni cronologiche e tematiche, accompagnate da una serie di pannelli esplicativi e da alcune ricostruzioni grafiche e plastiche. Nella sala I dell’Antiquarium sono esposti i materiali e le strutture architettoniche del Tempio di Minerva, reimpiegati in situ nella costruzione della basilica paleocristiana: tra questi semicapitelli corinzi con protomi di divinità, altri di ordine ionico di grandi dimensioni e i piedi di un gigantesco telamone. Nella sala II vi sono i reperti riportati alla luce durante le diverse campagne di scavo: tra questi il materiale, sia votivo che edilizio e d’uso, rinvenuto in un enorme “scarico” a Sud del tempio, testimonianza delle vicende legate al culto di Minerva. Tra i reperti di epoca cristiana vi sono elementi in marmo dell'arredo scultoreo del ciborio e i mattoni bollati con il monogramma del vescovo Sabino.

Necropoli in contrada Lamapopoli: cimitero subdiale e basilichetta di Santa Sofia

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  • 41.22689416.0824533 Necropoli in contrada Lamapopoli, strada statale 93 Canosa-Barletta, +39 333 8856300, . gratis. lunedì-domenica: 9.00-13.00 / 15.00-19.00. Le visite guidate organizzate dalla Fondazione Archeologica Canosina Onlus sono destinate a gruppi composti da un numero minimo di 20 ad un numero massino di 25 partecipanti (costo a persone € 3,00/4,00)
Necropoli in contrada Lamapopoli
Fuori le mura sono ubicati alcuni sepolcreti cristiani scavati nel tufo. La più vasta necropoli è quella presso il torrente Lamapopoli, di origine romana, ma riutilizzata nel periodo paleocristiano, sorta lungo la via Traiana. Un parte di questa necropoli è sub divo (letteralmente “sotto il cielo”): tombe a camera con murature in mattoni, sarcofagi in calcare di discreta fattura, tombe terragne. La presenza di terrazzamenti, sul costone roccioso scavato dal torrente, permise anche la creazione di diverse catacombe con gallerie indipendenti articolate in numerosi cubicoli e ambulacri, a loro volta con loculi, arcosoli e sarcofagi. Presso l'ingresso delle catacombe sorge la cosidetta basilichetta di Santa Sofia, ad aula unica. Essa mostra due fasi edilizie: la più antica - di cui rimane solo un tratto inglobato in quella successiva - è in conci di tufo locale, come le murature degli edifici paleocristiani di Canosa. La seconda fase presenta una costruzione a muratura listata, tradizionale nella pratica edilizia beneventana, centro del principato longobardo. Dunque anche la basilichetta sarebbe da collocarsi nel periodo di rinnovamento urbanistico promosso nell’VIII secolo dai principi longobardi. L'intitolazione alla santa Sofia andrebbe letta perciò in chiave longobardo-beneventana, con riferimento alla più celebre Santa Sofia di Benevento.

Museo dei Vescovi monsignor Francesco Minerva

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  • 41.22232416.0662924 Museo dei Vescovi monsignor Francesco Minerva, piazza Vittorio Veneto, 2. € 2,50. martedì-sabato: 09.30-12.30; domenica: 19.30-22.30. Visite su prenotazione contattando il curatore del Museo dei Vescovi monsignor Francesco Minerva dott. Sandro Sardella al numero +39 392 3257534 o all’indirizzo email felicebacco@alice.it
Museo dei Vescovi monsignor Francesco Minerva
Il Museo, ospitato nel palazzo Fracchiolla Minerva (1835), è articolato in due distaccamenti museali ben precisi: l'appartamento storico di monsignor Francesco Minerva, ricostruito in ogni suo dettaglio di arredamento e decorazioni, e le sale espositive, che ospitano un gruppo di opere, facenti parte del tesoro della Cattedrale. Fra esse una croce di avorio databile al XII secolo, codici miniati in pergamena e vello del XIV secolo, un flabello liturgico di manifattura islamica in pergamena dipinta e manico in legno inciso, del XII - XIII secolo, i guanti appartenuti probabilmente a papa Pasquale II, decorati da un clipeo ricamato, perlinato, con un fedele in preghiera sul dorso.