Utente:Elisabetta Greco/Sandbox

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Da sapere[modifica]

Il santo patrono del paese compare come protagonista in una leggenda che si racconta ancora oggi. La Legenda Aurea, una raccolta di agiografie di Jacopo da Varagine, narra che gli abitanti della città di Selem sorteggiavano di volta in volta delle vittime, anche molto giovani, da dare in pasto ad un mostro che minacciava la città, in modo tale da tenerlo a bada. È proprio quando viene estratto il nome della figlia del re che il prode cavaliere Giorgio fa la sua entrata in scena, e a cavallo del suo destriero riesce quasi per miracolo a mansuefare il drago.

Questa vicenda ha lasciato il segno su molti aspetti e per molti Paesi (oltre che per la stessa Libia). Il santo che porta il nome dell'eroe viene festeggiato il 23 aprile, giorno usualmente accettato come data della sua morte (303 d.c.).

Già solo in Italia esistono 21 comuni chiamati San Giorgio ed è il santo patrono di più di 160 cittadine italiane. Rispettivamente uno stato americano e una repubblica russa sono chiamati "Georgia"; sei re della Gran Bretagna, due sovrani della Grecia e di altri paesi hanno portato a testa alta il nome del santo; egli è patrono dell’Inghilterra (dove il 23 aprile è festa nazionale), del Portogallo, della Lituania e di alcune regioni della Spagna.

Testimonianze di commemorazione di San Giorgio compaiono anche in Canada, Grecia, Cipro, Bulgaria, Croazia, Serbia, Romania e Repubblica di Macedonia.

Cenni storici[modifica]

La cittadina di San Giorgio era già abitata in epoca romana, come testimonia la necropoli riscovata presso il monte Sant'Elia: dalle tombe sono stati riportati alla luce numerosi reperti archeologici, quasi tutti pressoché databili intorno al IV e III secolo a.C. Tuttavia, è possibile che la zona fosse già frequentata sin dall'epoca dei greci. Il paese prese il nome ufficiale nel 1862 ed il suo maggior sviluppo è riconducibile al X secolo, come conseguenza delle varie migrazioni determinate dalle lotte interne tra i cristiani e i musulmani. Verso la fine del Quattrocento, al comune affluirono numerosi profughi albanesi fuggiti dal loro Paese dopo la morte del loro condottiero Skanderbeg, persone che hanno influenzato usi, costumi e lingua utilizzati lì ancora oggi. Dopo essere stata donata da Roberto il Guiscardo alla città di Taranto, nel XVI secolo fu venduta ai baroni Muscettola; concessa poi agli Albertini, dopo poco tempo dall'abolizione del feudalesimo passò nelle mani del regno di Napoli e solo infine, come comune autonomo, al regno d'Italia.